lettera ai Neenuvaren

Sommario

Autore
external image eruditi.pngVedi anche tutte le Cronache: 1256 - 1257 - 1258 - 1259 - 1260 - 1261 - 1262 - 1263
Ultime novità - Bandi - Eventi - Racconti e Canzoni - Personaggi famosi - Storia antica - Compendio



Neenuvar, primo giorno della seconda decade di Messidoro 1261

Ciò che è ingannevole in un racconto non è la storia, ma il metodo tramite il quale i pensieri si trasformano in azioni.
Eppure voglio cercare di descrivervi con poche parole, sperando che riusciate ad immaginare ogni singolo istante di ciò che succede attraverso le grate delle mie gabbie.

Ve n’è una, tra quella degli orchi e quella degli abominevoli uomini mutati dall’antica e saggia magia degli elfi nelle vostre paludi, in cui tengo la mia creatura più pregiata.
Ancor mi dispiaccio di doverla rovinare così presto ma non riesco a pensare altrimenti che alle vostre gesta ed al fatto che quando prendiamo una decisione dobbiamo sempre pensare alle conseguenze che essa avrà sugli altri.

Quanto alla fedeltà, non c’è animale al mondo traditore quanto l’uomo. Ma si sa, umore instabile ed incoerenza sono le maggiori debolezze della natura umana ed i tuoi sudditi incarnano ognuna di queste debolezze.
Hanno operato la loro decisione umorale ed ora tale creatura dovrà continuare a patirne le conseguenze.

Le ho dato molte attenzioni, l’ho studiata da vicino, convinto che molto ci fosse in comune tra me e voi, Galdor elda.
Immortali e pieni di interesse per ogni creatura di questa terra entrambi.
Eppure ho scoperto con somma delusione che così differente è la vostra incapacità di accettare la morte.

La tua creatura è forte, più di quanto immaginassi e questo mi dà un enorme piacere e soddisfazione. Ma se foste davvero così saggi, questa tua creatura cercherebbe l’assenza di dolore, non il piacere della vita. Il dolore la spaventa ed è una cosa brutta a vedersi un elfo spaventato.

Rendimi storpia di una mano, zoppa di una gamba, fammi crescere la gobba, fammi cadere i denti e strappami unghie e capelli. Purchè continui a vivere, va bene; conservami la vita anche su un palo di tortura. Questo dicono gli occhi di una Malwen spezzata. Ma tanto non capirete il suo dolore. Chi è insensibile verso il dolore degli animali come può essere sensibile alla sofferenza degli elfi?

E così le darò ciò che chiedono i suoi occhi. Oramai tutto è predisposto, le mie creature pronte a farne la conoscenza, i miei ferri a saggiarne i sensi, le mie lame a mutilarne le carni, la sua forza sarà la sua sofferenza, il suo attaccamento alla vita la stringerà a lungo ad un passo dalla morte dove solo dolore e terrore si arrischiano a trascorrere il loro tempo.

Galdor, raduna i tuoi uomini e chiudete gli occhi. Guardate nelle vostre menti come può morire in comunione con l’efferata natura un elfa. Sono sicuro che sarà uno spettacolo che non dimenticherete, né chi lo ha preparato.

La vita giunge sempre a una brutta fine.

Voi elfi dovreste ben saperlo.

Autore
Silmon, il collezionista